Castelli di banconote

di Raffaella Vitulano

Tu chiamale, se vuoi, corruzioni. Ma anche tangenti, concussioni, fondi neri, mazzette, pizzo e merletti sullo sfondo della desertificazione industriale e di denaro più o meno virtuale che corre sul bit e plana su portafogli gonfi. Il sequel di arresti e di scandali degli ultimimesi rievoca una stagione che segnò l'azzeramento di un'intera classe politica. L'intreccio tra politica e affari, però, ora marca un segno ancora più globale. E tuttavia ribolle - da quest'ingorgo marcio e arrugginito - l'incapacità tutta nazionale di riflettere sull'etica delle regole e di imparare dalle lezioni del passato, quando arsero su brucianti pagine di documenti grottesche scorribande finanziarie di ogni genere.
A fare le spese del crollo dei castelli di banconote, restano gli onesti. In Italia suscitano ironia le reazioni tedesche agli scandali locali. E l'ologramma sembra quello noto: da una parte le nazioni del nord Europa, con la loro efficienza, il loro rigore, la loro saccente, cattedratica presupponenza. Dall'altra quelle 'povere' democrazie in svendita del sud Europa, con la loro presunta inefficienza, la loro corruzione. Ma sotto l'ologramma si celano a volte altre realtà che spesso rivelano quanto i cattivi non siano soli, forse. L'ex ministro della Difesa greco Akis Tsochatzopoulos, ad esempio, con un accordo risalente a dodici anni avrebbe intascato tangenti per 8 milioni di euro dalla Ferrostaal - Man in cambio del via libera per l'acquisto di quattro sottomarini. Ma sul Partenone della corruzione si ersero manager tedeschi a raffinare tecniche di vendita in paesi con crisi finanziarie. Nella mentalità straniera, tuttavia, gli errori dei politici rimettono necessariamente in discussione la loro capacità di esercitare le loro funzioni.
Forse è questo che dovrebbe davvero ispirarci, come si converrebbe in una piena democrazia.(16 febbraio 2013)

r.vitulano@cisl.it

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