L’Europa delle gelate e dei rigori

 di Raffaella Vitulano

Il rating dell'Europa è in continuo calo. Quello della percezione dei cittadini, intendo. Ed è facile leggerne i diagrammi, grattando sotto la vernice argentata di annunci e proclami. Gratta e perdi. Gli addetti ai livori danno un clima politico glaciale per chi è favorevole ad ambiziose iniziative di integrazione, come la condivisione del debito o l'unione bancaria. Rovesci e temporali erano già evidenti il mese scorso nella fredda dichiarazione del governo olandese che liquidava come chiusa l'epoca "di una maggiore unione" in ogni settore politico. La fragilità dell'intento comune fa pendant ormai solo con la bulimia finanziaria e il rigore, acciaccato dalle toppe messe alla rinfusa sopra i tentativi di ricucire i laceri buchi in bilancio. E la ripresa tanto strombazzata si allontana sempre più. Del resto, siamo abituati agli stornelli della troika. Nel 2008, con l'accentuarsi della crisi dei mutui subprime ed il fallimento della Lehman Brothers cinguettarono che la ripresa sarebbe arrivata a fine 2009. Anno in cui assistemmo al crollo del pil per tutto il mondo delle economie avanzate. Pizzicarono le corde del violino raccontando che la ripresa sarebbe arrivata nel primo semestre dell'anno successivo, quando in Grecia è crollato tutto fuorché il Partenone. Con l'innesco della crisi del debito sovrano il tamburo della ripresa tuonò per l'inizio 2011, anno in cui invece abbiamo assistito all'intensificarsi della debolezza in Europa. Nel 2012 sono andate a regime le temute politiche di austerity che hanno depresso ancora maggiormente l'economia: e l'uscita dalla crisi è stata predetta per il 2013. Anno in cui sembriamo tutti un po' più suonati. E via così, nel nirvana in cui i fondamentali macroeconomici finiscono col perdere evidenza allo sguardo degli investitori rispetto all'oceano di liquidità (vedi soprattutto gli Usa) che occulta ogni problema. Consoliamoci: neppure la profezia dei Maya è andata a segno. E se perfino l'Eurotower ieri scriveva che "il recente inasprimento delle condizioni nei mercati monetari e finanziari mondiali e le incertezze connesse potrebbero incidere negativamente sulla situazione economica", non ci resta che la messianica attesa delle elezioni politiche tedesche del prossimo 22 settembre. L'assenza di un "modello di successo" nella gestione della crisi spinge così all'immobilismo. Sarà per questo che l'esperto di rigori Olli Rehn - ex calciatore finlandese, dal febbraio 2010 commissario europeo per gli affari economici e monetari, e dall'ottobre 2011 vicepresidente della commissione europea - considera "pura speculazione" l'ipotesi di nuove misure che la Ue potrebbe chiedere all'Italia in autunno se il deficit salisse al 3%? 

r.vitulano@cisl.it

(12 luglio 2013)

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