Lost in stagnation
di Raffaella Vitulano
Prendiamo in prestito il titolo del Financial Times che ci racconta
all'estero come simbolo di una "crisi di leadership politica ed
economica di cui la classe politica è l'espressione". Una panoramica
inevitabilmente desolante, come quella delineata da Philippe Ridet nel
suo blog su Le Monde "Campagne d'Italie". Tant'é, e non basta
ricostruire un mosaico scolorito e frantumato per recuperare
credibilità, neppure tra gli italiani che considerano quanto meno
bizzarro che un Papa dimissionario trovi facilmente sostituti mentre un
anziano presidente della Repubblica debba fare da baby sitter a forze
politiche adulte. Politici che, piuttosto che favorire la naturale
rinascita del paese, si sono affidati in sequenza alla supplenza di
Monti, alla pressione di Grillo, ai 10 saggi e adesso al bis di
Napolitano, con incomprensibili sterzate operate da politici compressi
in una palude stagnante. Distratti dal livore e dal potere personale ad
ogni costo, incuranti delle vite quotidiane nelle banlieux dei Palazzi,
convinti che le responsabilità fossero sempre altrui, come i
comportamenti arroganti, uomini e donne amorali hanno fatto a pezzi
l'Italia dal punto di vista industriale e finanziario. Hanno tagliuzzato
le richieste di aiuto della disastrata economia reale comportandosi
piuttosto come allenatori di squadre rionali di calcio, esaltando con
disprezzo le rispettive tifoserie. Del calcio hanno anche condiviso la
passione per il rigore e il cane da guardia Spread da un lato, e della
folla imbandierata, vociante, tumultuante, dall'altro. La Storia ci
consegna così un parlamento di canuti adolescenti follower su Twitter o
Facebook, che come sismografi impazziti perdono ogni autorevolezza di
pensiero. Usano i social media senza attenzione al social: let's tweet
again, e poco importa approfondire la direttiva Emir che mette in Europa
vincoli allo scambio non regolamentato dei derivati, o la Volcker rule
(separazione tra banca commerciale e banca d'affari). L'importante è
esserci, al potere; non, partecipare allo sviluppo. La rotta, del resto,
è già tracciata - sempre per il nostro bene - dagli eurocrati, dai
mercati, dagli alleati di Washington, dalla Troika. Una prospettiva
d'austerity forse pianificata da tempo. L'Italia flirta con l'impasse
politica. Il bis di Napolitano, in questa prospettiva sistemica,
significa soprattutto prendere tempo, fermare l'orologio della storia
politica italiana. Quello che succede nei vertici dell'Unione europea
quando non si riesce a risolvere un problema nei tempi previsti, come
nel caso del bilancio, che ieri vedeva di nuovo avversari nord e sud:
Fish & Pigs (Francia, Italia, Irlanda, Spagna, Olanda, Portogallo,
Grecia) contro tutti. Forse è il caso di riavviare le lancette e mettere
la sveglia.
r.vitulano@cisl.it
(23 aprile 2013)
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