Rubinetti arrugginiti

di Raffaella Vitulano
 
Nel puzzle della squadra di Renzi nessuno vuole sedersi sulla poltrona più rovente, quella dell'Economia, per non bruciarsi altre possibilità più ghiotte. Se non altro perchè Bruxelles incombe, e non poco, sui nostri conti pubblici. Il settimo commissario chiamato da Palazzo Chigi per la spending review, Carlo Cottarelli, aveva già azzardato cifre a Letta e Saccomanni il 6 febbraio scorso, ma con la crisi di governo non ha finito i compiti, lasciandoli a metà. Per ora sappiamo dell'obiettivo di ridurre le spese pubbliche del 2% del pil entro il 2016 (32 miliardi), di cui 18 nel biennio 2014-2015. Con questa dote, l'ex uomo Fmi s'appresterà a proseguire, d'intesa col prossimo premier, su punti abbozzati che al momento ancora non sembrano risolvere il rebus della gestione degli esuberi e il ricorso alla mobilità del personale collegata alla chiusura e alla fusione di enti e strutture pubbliche, nonché delle società partecipate. Ma se Bruxelles chiede, Roma risponde. E poco importa se Olli Rehn ha già chiuso all'Italia le porte per una maggiore flessibilità sui conti pubblici in cambio di investimenti, proprio a causa dei ritardi italiani sulla consegna del piano di spending review. Diciamocelo: siamo in castigo per aver perso tempo nelle beghe domestiche. Eppure lo sforamento del tetto del 3% di deficit (numero scelto a casaccio in un retro-ministero da un anonimo funzionario francese, monsieur GuyAbeille) a Germania e Francia nel 2003, sotto presidenza italiana, venne concesso.Ma i tempi cambiano, i rapporti di forza pure. E lo sapranno gli elettori del pd di Renzi che il partito, aderendo tra qualche settimana al Pse, si appresterà a chiedere agli italiani un voto alle europee per far eleggere un tedesco, Martin Shulz, presidente della Commissione Ue? E lì, col teutonico, saranno davvero dolori. A dire il vero, anche gli italiani a Londra ci danno grattacapi. Poco più di due anni fa, praticamente dalla sera alla mattina, l'Autorità bancaria europea, l'Eba - presieduta da Andrea Enria - ha imposto alle banche dell'eurozona di più che raddoppiare il proprio patrimonio liquido. Un meccanismo che ha strozzato l'erogazione del credito nel nostro Paese come mai prima nella storia. E ora l'authority starebbe per dare un'ulteriore stretta, che non solo rischia di mettere in ginocchio molte banche italiane, ma anche di chiudere definitivamente i già prosciugati rubinetti del credito alle nostre imprese. Cercasi ministro, mentre a Bruxelles, che scalda i muscoli pronta ad entrare in campagna elettorale per la nuova Commissione, tra un po' non ci saranno neanche i tavoli dove sbattere i pugni.
r.vitulano@cisl.it
(20 febbraio 2014)

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