Tra il Sudafrica e la Bulgaria

  di Raffaella Vitulano

La crisi non ha aiutato. Ma non può essere una giustificazione. Nella classifica annuale della percezione della corruzione pubblica affondiamo sempre di più, in buona compagnia di Tunisia (72º posto), Bosnia Erzegovina e Sao Tomé. L'anno scorso eravamo al 69º posto; nel 2010 al 67º, tra Rwanda e Georgia. Non è normale la corruzione; non è normale che oltre il12% (dati Eurobarometro) della società italiana rubi a se stessa; che trasformi le risorse in viscide ragnatele di profitti illeciti e ricatti incrociati. Certo, la corruzione non è un fenomeno solo italiano. Clemenceau diceva che non c'è democrazia che ne sia al riparo. Indro Montanelli si spingeva oltre: "Ormai sono giunto alla conclusione che la corruzione non ci deriva da questo o quel regime o da queste o quelle regole, di cui battiamo, inutilmente, ogni primato di produzione. Ci deriva da qualche virus annidato nel nostro sangue e di cui non abbiamo mai trovato il vaccino. Tutto in Italia ne viene regolarmente contaminato". Il guaio è che,nella quotidianità, troppi se ne credono immuni.

(6 Dicembre 2012)
 
r.vitulano@cisl.it

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