Travolti da un insolito hedge fund
di Raffaella Vitulano
Da tre giorni è entrata in vigore la nuova direttiva europea sui gestori
di fondi alternativi, la numero 61 del 2011, che consentirà ai fondi
pensione di investire in ogni tipo di prodotto finanziario, derivati
compresi. Pochi siti ne parlano, eppure la notizia è di rilievo e apre
scenari di necessaria attenta osservazione. I soldi in gestione,
infatti, potrebbero essere investiti su fondi alternativi sui
quali è virtualmente impossibile avere garanzie ed effettuare controlli,
essendo facile farli transitare per paradisi fiscali. La ricerca di
notizie su Internet non è semplice, ma leggiamo che ad oggi tutta la
materia è regolata dal decreto ministeriale 703 del 1996, che impediva
ai nostri fondi di utilizzare i capitali gestiti in modo poco
trasparente. Indiscrezioni scrivono però di un radicale cambio di
prospettiva nei contenuti. Mentre il decreto 703 prevedeva che "tutto è
vietato salvo ciò che viene espressamente consentito", il nuovo sistema
sarà fondato sul principio opposto: "Tutto è consentito tranne ciò che è
espressamente vietato". Apertura ai fondi alternativi esteri, insomma, con tutto quel che consegue e le cui derive (!) sono sotto gli occhi di tutti negli ultimi anni: hedge funds, fondi immobiliari, fondi di debito (fondi che finanziano le imprese investendo nel loro debito, non solo in obbligazioni), private equity
e nuove realtà legate alle energie rinnovabili. Poco rassicura che a
Bankitalia e alla Consob vengano attribuiti i poteri di vigilanza e di
indagine previsti nella direttiva. I gestori dovranno comunque
assicurare un modello organizzativo di gestione e controllo del rischio.
Ma in un periodo così delicato, resta un quesito: si possono affidare
le sorti dei fondi pensione di milioni di italiani a strumenti così
complessi?
r.vitulano@cisl.it
(25 luglio 2013)
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