Euroboys, game over

 di Raffaella Vitulano

Sembrano tempi orwelliani, così come predetti nel romanzo 1984, il cui protagonista, Winston Smith, è un membro di partito incaricato di ”correggere” i libri e gli articoli di giornale già pubblicati, modificandoli in modo da rendere riscontrabili e veritiere le previsioni fatte dal partito e di modificare la storia scritta, contribuendo così ad alimentare la fama di infallibilità del Partito stesso. Niente è come sembra, niente è come scritto; a chi s’interroga tutto sembra vischioso e confuso nei fumi delle polemiche sterili. Smarriti in una fitta nebbia di propaganda spacciata per informazione, oggi gli europei (e non solo) sono costretti a districarsi tra narrazioni conflittuali su quanto accade nel proprio paese e nel mondo (si pensi anche all’Ucraina) senza poter avere accesso a dati concreti. Trasparenze, opacità, ossessioni, fissazioni, dogmi. Nessuno sembra rimettere in discussione idee acquisite, immolandole come preconcette sull’altare del dovere.
Oggi Bruxelles celebra la festa, si fa per dire, dell’Europa. Di quale Europa? Ormai ne conosciamo solo il volto sfigurato dalla dittatura finanziaria, non più quella spinelliana degli antifascisti di Ventotene. Prova ne è che in questi ultimi mesi, a ridosso delle prossime elezioni, ai cittadini sembra richiesta l’abdicazione al principio scientifico del dubbio, preposto invece ad ogni forma di conoscenza e di democrazia. Perchè meravigliarsi, in fondo, della liturgica sacralizzazione del potere dello spread? Perchè discutere dell’inesorabile genuflessione ai processi di involuzione parlamentare? Il cubo di Rubik non è più un rompicapo per i pupari che usano il debito per imporre la schiavitù. Quegli stessi pupari che utilizzano i propri burattini organici al capitale per screditare chi è contro il sistema di intrecci di potere che gli stessi alimentano. I fili sono talmente invisibili che ingenui e sprovveduti rampanti dovrebbero tenersene fuori piuttosto che parlare di temi che non conoscono. La costruzione di potere edificata nel grigio teatrino in cartapesta di tale sistema europeo riflette non solo l’abominio di una democrazia ormai fragilissima ed estranea all’esercizio delle più elementari regole sociali, ma anche imposizioni ed artifici giuridici completamente estranei alle regole base della macroeconomia ed al libero mercato, che rischiano di condurre inevitabilmente ad un collasso sistemico. Oggi più che mai, invece, servirebbe un approccio scientifico e logico nell’argomentazione ”quantitativa” delle proprie tesi, abbandonando quelle ”qualitative” in cui il politico di turno espone assiomi sostanzialmente ideologici senza prendersi la briga di dimostrare le proprie tesi con grafici, dati, casi storici e quant’altro.
Sarebbe auspicabile che nel 64º compleanno l’Europa non si ritrovasse ostaggio di quella che l’economista Paolo Savona definisce ”una patetica minoranza” incapace di ammettere che la Ue è stata mal costruita, e che affida il suo ingiusto governo al terrore sociale brandendo stereotipi da cortile.

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