Il dollaro gonfia i muscoli

di Raffaella Vitulano

Una guerra mondiale c’è già da tempo. Quella valutaria globale, vale a dire una situazione in cui gli Stati o le macroaree competono per l’aumento di export svalutando le loro monete, per far aumentare le esportazioni. La presidente del Brasile, Rousseff, già quattro anni fa l’aveva detto: ”L’ultima volta che ci fu una serie di svalutazioni competitive siamo finiti nella seconda guerra mondiale”. La sequenza è ritmica: le guerre valutarie portano a guerre commerciali, che spesso portano infine a guerre degli eserciti. Molte iniziative delle banche centrali rivelano quanta influenza le potenze straniere possano avere sui ribelli, e ciò confermerebbe la tenacia di pressing piuttosto sofisticati, capaci di gestire quella che appare ai più un gruppo disordinato di ribelli in giro per il mondo. Si sa: ”Un’amicizia basata sul business è di gran lunga migliore di un business fondato sull’amicizia”, sosteneva John D. Rockefeller. Ma un articolo su Forbes a firma di Paul Roderick Gregory preconizza scenari ancora più ruvidi. ”Invece di sanzioni più immediate, l’Europa e gli Stati Uniti devono orientarsi verso un’assistenza militare, letale, diretta contro l'invasione russa;... approvare l’oleodotto Keystone e aprire più territori federali alle prospezioni petrolifere, approvare i terminali per l’esportazione di gas liquido, eliminare le restrizioni all’esportazione di petrolio, promuovere il fracking in Europa... Se gli Stati Uniti non guidano, nessuno guiderà. Noi abbiamo una opzione nucleare di cui pochi parlano: cacciare via le istituzioni finanziarie russe dal sistema Swift (il centro - sotto controllo diretto Usa - attraverso cui passano e vengono registrate tutte le transazioni bancarie della globalizzazione americana, ndr.) e guardarle mentre crollano. Un collega ama ricordarmi che le sanzioni finanziarie sono oggi l’equivalente della diplomazia delle cannoniere del secolo XIX. Gli Stati Uniti hanno le cannoniere grazie al sistema del dollaro”. Un piano di guerra ideato negli Stati Uniti; un progetto, più che una profezia. Ma proprio questo potrebbe compromettere l’ego ipertrofico del muscoloso dollaro americano. Le acrobazie della finanza stimolano infatti anche la Russia, che sta progettando un proprio sistema di pagamenti (basato sui Brics) e che ha avviato con la Cina la de-dollarizzazione. Le nuove superpotenze in ascesa abbandonano i Petrodollari e smettono di usare il biglietto verde come valuta di riserva .
E a fare le spese della crisi Ucraina potrebbero essere soprattutto gli europei, dato che la la Russia sarà costretta a rivolgere i suoi gasdotti a est. Le sanzioni a Mosca potranno peggiorare la recessione nella Ue. Perché il loro costo, in termini di minori traffici con la Russia, si scaricherà nel terzo trimestre, aggravando la crisi già in atto. I fanatici islamici finanziati chissà come sgozzano reporter e non solo, ma l’Occidente si volta altrove. Divisi in casa, impacchettati in involucri sotto vuoto, gli europei inseguono miraggi ed esercitazioni Nato. Ma il fallimento della diplomazia non si misura con il metro di Standard & Poor’s. E la cecità della politica pagherà un conto salatissimo.

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